Siren Festival @Vasto (CH), 28-29 Luglio 2017
di Nicolina Di Gesualdo
Il weekend è ormai terminato da qualche giorno ed è arrivato il momento che non vorremmo mai affrontare: tagliare il braccialetto del Siren Festival. Un’interruzione dovuta ma esclusivamente materiale, perché il filo che lega la mente di chi ha potuto godere di un simile spettacolo a tutta la kermesse abruzzese resta inossidabile e segna un legame prezioso che si rafforza ogni anno.
Volendo riavvolgere il nastro della memoria, tra i meritevoli di lode del primo giorno ci sono stati senza dubbio gli Allah-Las che, con il loro psych-pop< e le rivisitazioni targate ’60, hanno catalizzato l’attenzione nel Cortile di Palazzo D’Avalos e Andrea Laszo De Simone, traghettatore di quell’alt-rock dal sapore tricolore, fatto di profonde influenze dal passato ma anche di notevoli contrasti, che ha infiammato gli spettatori di Porta S. Pietro.
Impossibile non citare anche il live di Ghali, il rapper milanese di origini tunisine dall’innegabile flow e indiscutibile successo dal vivo, molto acclamato soprattutto dai neo-ventenni (forse meno dai trentenni). D’altronde, però, obiettivo fondamentale di un festival è anche questo: cercare di far avvicinare gli spettatori a nuovi artisti che si affacciano nel panorama musicale e sperare di coinvolgere quella fetta di pubblico che, altrimenti, non ascolterebbe mai determinati stili.
Impossibile non citare anche il live di Ghali, il rapper milanese di origini tunisine dall’innegabile flow e indiscutibile successo dal vivo, molto acclamato soprattutto dai neo-ventenni (forse meno dai trentenni). D’altronde, però, obiettivo fondamentale di un festival è anche questo: cercare di far avvicinare gli spettatori a nuovi artisti che si affacciano nel panorama musicale e sperare di coinvolgere quella fetta di pubblico che, altrimenti, non ascolterebbe mai determinati stili.
Decisamente più noti e amati da tutti, invece, i Cabaret Voltaire, band britannica pioniera dell’industrial-rock e visionaria del pop che, con il suo set tecnologico e dadaista, non ha affatto deluso le aspettative, e i Baustelle, grande nome di questa edizione, reduci dal successo dell’ultimo disco “L’Amore e la Violenza”, che ha fatto registrare ovunque il tutto esaurito. “La Musica Sinfonica”, “La Vita”, “Un Romantico a Milano” e “Charlie Fa Surf” hanno rappresentato le vere perle del loro live a Piazza del Popolo, a metà tra il poetico e il decadente, tra il sacro e il profano, che, in base a pareri captati qua e là, è riuscito a convincere anche quelli inizialmente più scettici.
Per quanto riguarda il secondo giorno, un plauso particolare va, invece, al live di Noga Erez. La giovanissima autrice israeliana, infatti, che si è distinta per le potenti atmosfere forgiate con i suoi synth e i beats a tratti “pestoni”, a tratti più politicizzati e incorniciati da una voce di una bellezza pazzesca, è stata in grado di catalizzare l’attenzione di tutti i presenti, aumentati a vista d’occhio nel giro di pochi minuti mentre, dietro il palco, si scorgeva l’incredibile tramonto sul golfo abruzzese.
Musica tradizionale reinterpretata in chiave moderna, campionature e sonorità eclettiche sono stati, invece, gli ingredienti del live di Populous, uno degli artisti e producer più interessanti a livello internazionale, che ha sfoggiato grande esperienza e personalità durante questo festival.
A seguire, in Piazza del Popolo, il concerto dell’imponente Ghostpoet, all’anagrafe Obaro Ejimiwe, artista britannico dalla pelle color ebano che, concentrato come un samurai prima dell’assalto, si è donato al pubblico in un lungo stream of consciousness dalle metriche irregolari, in un’esibizione senza dubbio non facilissima, ma estremamente interessante.
Per finire, immancabili i live degli scanzonati Gazzelle che, in modo genuino e aiutati da pezzi estremamente catchy, accolti da un centinaio di persone a Porta S.Pietro, sono stati in grado di dare vita a un bellissimo momento all’interno del Siren, e degli Arab Strap, l’originale duo cult-pop scozzese che, a dieci anni dallo scioglimento, hanno rimesso in piedi la band e regalato al pubblico, con una maturità palpabile, un concerto degno di essere chiamato tale.
Finale col botto con il live di Trentemøller, che ha letteralmente stregato i cuori di tutti in Piazza del Popolo grazie al suo tocco malinconico e ad un romanticismo molto scuro, ma incredibilmente affascinante. Accompagnato in molti pezzi dalla voce della sua fidata Marie Fisker, l’artista danese, al pari di un alchimista, ha mescolato sonorità new wave, armonie indie ed elettronica, confermandosi (qualora ce ne fosse bisogno) come uno degli artisti più amati dell’ultimo decennio.
Con musica di qualità in location mozzafiato, bagni di folla e live ogni anno di una bellezza che supera le aspettative, il Siren si conferma un appuntamento davvero imperdibile nel panorama dei festival italiani e internazionali. L’unico problema riscontrato quest’anno è stata la difficoltà di entrare ad alcuni concerti collocati all’interno del Cortile d’Avalos, soprattutto quando, da cartellone, erano previsti Dj set (come quello di Apparat) o altri live molto attesi. Sicuramente la causa è stata il giro di vite al sistema di sicurezza, ma è anche vero che non dispiace notare una particolare attenzione in questo senso, considerando le notizie di cronaca dell’ultimo anno. Ad ogni modo, non ci resta che aspettare l’anno prossimo, sperando che questa straordinaria manifestazione continui all’infinito
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