LUCA PERASI
I Beatles dopo i Beatles2016, Lily, pp. 530, 24,90 €
Uno dei massimi studiosi beatlesiani, guarda un po’, lo abbiamo in casa. Il precedente saggio di Perasi, “Paul McCartney: Recording Sessions (1969-2013)”, uscito tre anni fa, è considerato e citato dalla critica internazionale come opera fondamentale e imprescindibile. “I Beatles dopo i Beatles” prosegue l’opera, estendendola alle carriere soliste di ognuno dei quattro, dagli esordi di “The Family Way” di Paul McCartney (1967) fino al limite quasi obbligato del 1980 di “Double Fantasy” di John Lennon e Yoko Ono. Limite obbligato a causa dell’assassinio di Lennon e dello spegnersi della carriere soliste di Harrison e Starr. A una prima parte più distesamente narrativa, con il racconto delle vicende artistiche ma anche personali dei quattro Beatles dagli ultimi anni della band al 1980, per la bellezza di 201 pagine, segue una seconda a schede dettagliatissime, ma discorsive, su ognuno dei lavori solisti dei quattro, che siano album o 45 giri. Qualche aneddoto gossipparo in più non avrebbe guastato, ma il volume non è certo una biografia dei Beatles, bensì un saggio sulla loro discografia. Gustosi comunque i pochi presenti: Paul che getta fuori di casa a calci un Ringo ambasciatore di pace; il litigone tra John e Yoko a proposito della partecipazione al Concert for Bangladesh (e sì, quella favorevole era lei); il tradimento plateale di John nei confronti di Yoko a una festa di consolazione dell’intellighenzia liberal newyorkese dopo l’elezione di Nixon. Acquisto obbligato per i beatlesiani. // Renzo Stefanel
RICCARDO BERTONCELLI e GIANNI SIBILLA
Storia leggendaria della musica rock 2016, Giunti, 350 pp., 19,50 euro
Storia leggendaria della musica rock 2016, Giunti, 350 pp., 19,50 euro
Torna in edizione ampliata quella grande bibbia musicale (e non è l'unica che Bertoncelli abbia scritto, negli anni) che è "Storia leggendaria della musica rock", aggiornata già dalla scorsa edizione in collaborazione con Gianni Sibilla, che questa volta si vede riconosciuto (con pieno merito) l'onore della copertina. Un percorso cronologico attraverso tutti (o quasi) gli artisti fondamentali, compilato per aneddoti: ci sono quelli più noti, come la scoperta di Elvis alla Sun o il grande "tradimento" di Dylan, passando per il "one-two-three-four" dei Ramones e poi Lollapalooza fino ad arrivare ai giorni nostri, al neo-folk, ai Foo Fighters, a Jack White e alla retromania, all'addio a Bowie e Prince. Ma anche molto spazio concesso ad artisti da meno noti o un po' dimenticati come Jackie Brenston, Fred Neil, i Fugs, la scena Paisley Underground, e tanti avvenimenti curiosi come la storia di "Louie Louie", quella di "Arthur" dei Kinks, il mistero dei Residents, la folle idea dei Phish con Phantasyland, e via così. Dividendosi democraticamente il lavoro (Bertoncelli fino al 1977, Sibilla dal 1977 ad oggi e compilando la playlist-monstre di Spotify che può accompagnare la lettura) i due critici rafforzano ulteriormente le fondamenta di un testo che già nella sua primissima edizione riusciva ad essere tanto un utile orientamento per i neofiti quanto una delizia per i conoisseur. Da archiviare alla voce: must. // Silvio Bernardi
ALESSANDRO POMPONI
Rock oltre cortina 2016, Tsunami, pp. 400, 22€
Rock oltre cortina 2016, Tsunami, pp. 400, 22€
“Beat, Prog, Psichedelia e altro nei Paesi del blocco comunista 1963-1978” recita il chiarificatore sottotitolo di questo aureo tomo prodotto con imponente ricerca, frutto della passione di una vita, da Alessandro Pomponi, storico collaboratore di “Raro” prima e “Raropiù” poi. A dispetto del pregiudizio che porta a ritenere i Paesi dell’Est del tutto tetragoni all’influenza rock e di conseguenza incapaci di produrne di livello che sia appena sopra al ridicolo, questo studio è foriero di luminose scoperte che rimettono in discussione antiche (e infondate) certezze. Le mirabolanti avventure rock qui narrate spingono all'ascolto su YouTube (su Spotify si trova poco), rivelando gioielli come i cecoslovacchi Matador, Collegium Musicum e Dežo Ursiny, gli ungheresi Omega, i polacchi SBB, i romeni Sfinx, per dirne alcuni. Una miniera, uno spaccato d’epoca, quasi un romanzo. Che vale tutti i suoi 22 euro. Oltre a un plauso al bravissimo Pomponi. // Renzo Stefanel
RICCARDO BERTONCELLI
Topi caldi 2016, Giunti, pp. 240, 16€
Topi caldi 2016, Giunti, pp. 240, 16€
Un viatico a una certa idea di musica rock, progressiva (non nel senso del genere musicale, ma dell’attitudine) e immaginifica, insieme vitale, sanguigna, ricercata e beatamente fuori di zucca: questo è “Topi caldi”, che omaggia nel titolo il nume tutelare di Bertoncelli, ovvero Frank Zappa (“Hot rats”, 1969). L'abilità del decano dei critici musicali italiani (ma lui è qualcosa di più: è uno scrittore rock) è nel trasformare una raccolta di articoli scritti per le più disparate occasioni (ma rivisti e corretti per questo volume) in una sorta di grande storia del rock che raccoglie gran parte dei “diversi del globo”. Zappa apre, Sun Ra chiude. In mezzo, gli strambi di cui sopra, come al solito trattati rifuggendo dalla precisione cronachistica, ma in modo mitopoietico, generando miti e contemplando dèi da una rispettosa e reverente lontananza che ne amplifica le gesta, invece di sminuirle, un po’ come nei racconti di Borges, che viene citato a più riprese in questa raccolta. “Topi caldi” sguazza felice in questo mare di “benefica foschia” e narra le audaci imprese di cavalieri e dame erranti, erratici ed eretici, di grandi, ma anche “di minori, di reietti, di rospi rock che nessun principe avrebbe mai baciato”. Fondamentale. // Renzo Stefanel
ROBERTO MANFREDI
Skan-zo-na-taSkira, 2016, pp. 241, 16.50€
Skan-zo-na-taSkira, 2016, pp. 241, 16.50€
In Italia, per tutta una serie di motivi (che partono da un certo snobismo intellettualoide, passano per una poca organicità all’intellighenzia di sinistra e approdano al politicamente non corretto), la cosiddetta canzone umoristica è sempre stata considerata come un sottogenere o peggio come uno scarto del fare musica. In realtà in questo prezioso volume di Roberto Manfredi, nel ripercorrere le vicende di questo ben determinato genere, si scoprono dei veri e propri capolavori - non soltanto musicali ma anche testuali/linguistici (“E se porto Dio” degli Skiantos) che in più raccontano benissimo il nostro Paese (“Tu Vuò Fa' L'Americano” di Renato Carosone o “Vengo anch'io. No tu no” di Enzo Jannacci). Così in un’ideale percorso che parte da Petrolini ed approda a Caparezza (e via così sino a Pop-X) la canzone umoristica italiana, lungi dall’essere un sottogenere, diventa un pezzo della nostra storia: tutta da ridere, per carità, ma non da dimenticare. Consigliatissimo per comprendere appieno l’importanza, anche sociale, di artisti del calibro di Dario Fo, Giorgio Gaber e dello stesso Jannacci. // Mattia Nesto
RICCARDO STORTI e FABIO ZUFFANTI
Prog Rock! 101 dischi dal 1967 al 1980 2016, Arcana, pp. 416, 25€
Prog Rock! 101 dischi dal 1967 al 1980 2016, Arcana, pp. 416, 25€
Un'altra rassegna di dischi per tracciare l’evoluzione del progressive negli anni d’oro? Sì, ma non è il solito libro, occorre dirlo. Qui si uniscono mirabilmente facilità di spiegazione e analisi musicologica di brani e album, realizzando un saggio non solo impressionistico, ma di elevato spessore musicale. E si sfoderano quattro fattori di originalità. Uno, i dischi analizzati dalle band storiche non sono i più celebrati, ma quelli che hanno lasciato il loro imprimatur in Zuffanti e che l'analisi di Storti rivela nella loro assoluta non secondarietà. Due, non si cita più di un album per gruppo. Tre, si considera l’evoluzione del progressive su scala mondiale e non solo inglese, italiana e tedesca, come avviene di solito. Quattro: progressive sì, ma nella sua accezione originaria, ovvero “musica in evoluzione”, che cerca di espandere i confini della pop song. Un libro davvero particolare, dalle scelte non banali e quasi senza riempitivi: la scelta accorta di suggerire dai cinque agli otto titoli in qualche modo affini per album permette di spaziare ulteriormente, tanto in altre musiche, quanto temporalmente, recuperando pure molti degli album classici delle formazioni più importanti. Acquisto e lettura consigliatissimi, così come l’applauso per gli autori! // Renzo Stefanel
VALERIO MATTIOLI
Superonda. Storia segreta della musica italiana 2016, Baldini & Castoldi, 661 pp., 20 euro
Superonda. Storia segreta della musica italiana 2016, Baldini & Castoldi, 661 pp., 20 euro
Di sicuro il libro musicale dell’estate, perlomeno italiano e sulla musica italiana, "Superonda" si presenta fin dall’introduzione come un testo ambiziosissimo, il cui fine è individuare le tracce del cosiddetto Spaghetti Sound, che secondo Mattioli è più o meno l’equivalente del Krautrock tedesco, in quanto a “suono specifico di una nazione in una determinata epoca". Il libro è senz’altro consigliatissimo, perché tale assunto, pur non esente da pecche, dà comunque vita a un affresco potente e ispirato della musica italiana tra 1964 e 1976. E quando dico “musica italiana” intendo quasi tutta la musica italiana dell’epoca: dall’avanguardia colta che si riuniva con i colleghi europei nella teutonica Darmstadt ai cantautori degli anni '70, passando per la rinascita del jazz, il progressive, il revival folk, il beat, le colonne sonore del cinema e quelle dei programmi tv (la cosiddetta library music) e chi più ne ha più ne metta. Difetti ce ne sono: un certo elitarismo, per cui più è inascoltabile un disco più è bello, sostanzialmente; una sottovalutazione disinformata e pregiudiziale del progressive italiano; una disistima profonda del fenomeno dei cantautori; una mancanza di polso di quello che era il peso effettivo degli ascoltatori di “musica altra” negli anni '70; l’assenza tanto del soft rock quanto del melodismo che dominava le classifiche italiane. Se il mitico Spaghetti sound è “un’atmosfera condivisa che – in maniera tipicamente italiana – mescola abissi mediterranei e indomite pulsioni melò, afa estiva e violenza gore, squarci di prorompente solarità e infinita, straziante malinconia” o la presenza dei cantautori è di troppo o l’assenza di soft rock e melodismo si fa notare. Inoltre, nell’ansia della ricostruzione di un’epoca – molto riuscita, al netto di episodiche cantonate e delle pecche succitate – Mattioli dimentica spesso di spiegare perché la musica di cui di volta in volta sta parlando sarebbe Spaghetti sound. Ma "Superonda" resta un libro importante, con una grande visione, da avere assolutamente. Qui potete leggere la nostra intervista all'autore. // Renzo Stefanel
PAOLO JACHIA e ALICE PAREYSON
Franco Battiato. La cura. 27 canzoni commentate 1971 – 2015 2016, Fabio D’Ambrosio Editore, 224 pp., 15,90 euro
Franco Battiato. La cura. 27 canzoni commentate 1971 – 2015 2016, Fabio D’Ambrosio Editore, 224 pp., 15,90 euro
Alcuni autori si prestano meglio di altri ad un’analisi, più o meno rigorosa, della propria opera. Uno dei massimi esempi (sicuramente in Italia) è quello di Franco Battiato. Infatti il cantautore siciliano, grazie ad una perfetta commistione tra spirito pop, cultura, conoscenza e voglia di stupire ha sempre realizzato dei testi di una profondità (e di una particolarità) unica nel panorama nazionale. Paolo Jachia e Alice Pareyson analizzano questo sterminato corpus così variegato andando a concentrare l’attenzione su ventisette canzoni-simbolo della poetica di Battiato. Va detto che il libro nasce da un progetto ancora più ampio, ovvero un portale dove si indaga l’intero (o quasi) corpus delle opere di Battiato. La qualità del trattamento è molto alta, con plurimi riferimenti incrociati sia ai testi consultati dal catanese sia al contesto storico. Riuscitissima, ad esempio, l’analisi di "Venezia Istanbul", canzone del 1980 contenuta nel celeberrimo "Patriots": “Dobbiamo allora riflettere sul fatto che le canzoni di Battiato degli anni '80 sono costruite da una successione di frasi compiute, apparenti collage, che sono in realtà frasi-mondo. È un metodo che Battiato con esattezza definisce come «giustapposizione», una strategia che cioè procede per suggestioni agglomerate che si sciolgono e amalgamano nel ritornello o nella linea interpretativa complessiva che, talvolta, il titolo esplicita”. Un volume fondamentale per perdersi “senza smarrire la strada” nel mare magnum di uno degli autori fondamentali della nostra canzone. // Mattia Nesto
MARCELLO AMBROSINI
Post – Industriale. La scena italiana anni '80 2016, Goodfellas, 288 pp., 22 euro
Una storia in gran parte se non misconosciuta non certamente portata all’attenzione del grande pubblico come dovrebbe. Stiamo parlando dell’epopea (non viene in mente parola più adatta) della scena post-industriale italiana degli anni Ottanta. Un movimento squisitamente underground che ha coinvolto centinaia di ragazzi italiani che, tramite un approccio innovativo e distante anni luce dalle logiche e dalle mode che stavano governando il cosiddetto “decennio di plastica”, venivano avviluppati dal mondo della musica in modo totalizzante. Grazie alla penna di Marcello Ambrosini, una sicurezza nel campo del giornalismo storico-musicale del nostro Paese, si ripercorrono le gesta di gruppi mitici di quella decade, dagli Ain Soph, ai F:A.R., dai mitici Mauthausen orchestra, fino ai Sigillum S, T.A.C. e Tasaday. Il volume è arricchito anche da una compilation-cd dove si possono ascoltare i brani più rappresentativi di queste e di altre band contenute tra le pagine del libro. Nella prefazione (di rara intensità emotiva) di Luther Blisset si possono leggere delle righe illuminanti sul valore di quella scena musicale: “E se chitarre e canzoni di tre soli accordi già puzzavano di prassi stantia e monitorata dal music biz, cosa poteva fare un povero ragazzo di provincia se non studiare i testi proibiti (nazismo, Crowley, De Sade, patologia medica, serial killer, Burroughs, Dick, Mishima) e progettare bombe per assalti di verace audio-terrorismo? Abbattere il muro del suono mainstream per mezzo del rumore, farli urlare tutti con le mani pressate sulle orecchie (come facevano le ragazzine ai concerti dei Beatles) ma stavolta per un motivo concreto. “Intrattenimento tramite il dolore”. Hackerare il sistema rock servendosi di ordigni fai-da-te rappezzati mediante un bricolage di apparecchiature casalinghe, dall’affettatrice alla lavabiancheria. Milano brucia, ma anche Rezzato, Asparetto e Bertiolo. Uno-cento-mille Unabomber a cassetta: “Mi è sembrato di sentire un rumore, rumore... / sarà la paura...”. Quel mondo forse dimenticato oggi, grazie ad opere come questa, lo si ben dire forte, è stato, completamente, ritrovato. // Mattia Nesto
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