Di Lorenzo Pagani
Cos'era la Rhodesia? La Rhodesia fu uno stato - non riconosciuto a livello internazionale - autoproclamatosi nel 1965, nel tentativo di sfuggire al suffragio universale che le altre ex-colonie britanniche stavano acquisendo in quel periodo. Una simile decisione diede il "la", in un contesto più che mai teso, agli scontri tra le forze del governo "bianco" (che vedevano comunque nelle proprie fila un cospicuo numero di soldati di colore) e due gruppi armati di stampo comunista/marxista: lo Zanla (Zimbabwe African National Liberation Army) di Robert Mugabe e lo Zipra (Zimbabwe People's Revolutionary Army) di Joshua Nkomo.
Oggi basta guardare una cartina dell'Africa per vedere come, in loco della Rhodesia, vi sia lo Zimbabwe: la vittoria delle forze di liberazione portò infatti, dopo una breve transizione, alla creazione del nuovo stato, dove Mugabe è tutt'ora al potere.
Ma questa è, appunto, un'altra storia: Rome in questo lavoro si concentra invece sull'epica del vinto, ovvero gli eredi dei coloni europei, in un concept che - complice l'edizione "speciale" - assume i tratti di un vero e proprio amarcord multimediale. Un cofanetto stampato in 1000 copie contenente due cd, un 10'', poster, cartoline della Rhodesia etc. (su Amazon è comunque possibile acquistare anche i soli Mp3, in edizione "cd singolo").
L'album si apre con l'intro rumorista "Electrocuting An Elephant", che lascia spazio dopo pochi minuti alla dark-wave di "The Ballad Of The Red Flame Lily": la voce calda di Jerome è assoluta protagonista, in un brano che si fissa subito in testa, una ballata malinconica che porta alla mente la memorabile "Swords To Rust-Hearts To Dust" (da "Flowers Of Exile", 2009).
Con "One Fire" il folk da minimale diviene guerresco, in un crescendo epico, complici le marziali percussioni che ritroviamo anche nell'evocativa "A Farewell To Europe", mentre ci viene narrata la breve ma tormentata storia della Rhodesia. Sembra in effetti un "ritorno alle radici", il riappropriarsi di un sound neo-folk, più che mai azzeccato dato che coincide con l'incisione di alcuni dei suoi brani più riusciti.
Il tutto avviene, come sempre, nel segno di un mood marcatamente intimista; anche se - novello Salgari - l'artista lussemburghese canta di territori che non ha mai vissuto. Le vicende sono narrate in prima persona ("In A Wilderness Of Spite"), ma senza prendere posizioni, optando invece per un ruolo di cronista, appassionato non tanto agli ideali politici ma a quelli degli esseri umani coinvolti nel conflitto.
Dare voce agli sconfitti di questa guerra, narrare la loro storia: questo è appunto l'intento di Rome. Un compito affrontato con piglio mai banale, sia nella scelta del tema (una guerra sconosciuta ai più), che nelle sonorità adottate per realizzare questo "racconto" (un riuscito mix di cantautorato, folk battagliero e suggestioni "esotiche").
La citata special edition contiene un secondo cd dove i campionamenti che puntellano i brani del primo disco (frammenti sonori dell'epoca) si fondono con rumorismi ambient, dodici brani sperimentali che vanno a comporre una suggestiva soundtrack, ideale compendio delle tormentate ballad di cui sopra.
Uno dei lavori più riusciti e ispirati di questo musicista, in egual misura epico e malinconico, e senza dubbio uno dei migliori dischi del filone usciti nel 2014.
La citata special edition contiene un secondo cd dove i campionamenti che puntellano i brani del primo disco (frammenti sonori dell'epoca) si fondono con rumorismi ambient, dodici brani sperimentali che vanno a comporre una suggestiva soundtrack, ideale compendio delle tormentate ballad di cui sopra.
Uno dei lavori più riusciti e ispirati di questo musicista, in egual misura epico e malinconico, e senza dubbio uno dei migliori dischi del filone usciti nel 2014.
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