Se c’è qualcosa di più difficile del piangere un amico scomparso, forse, è fare i conti con ciò che ha lasciato. Perché possono essere ricordi, cose o anche musica… ma è comunque vita pulsante con cui confrontarsi, brandelli di esistenza rimasta orfana cui prestare il proprio conforto.
di Riccardo Marra /
Per Rob Schnapf è stato difficile raccogliere i pezzi di quello che doveva essere il 6° album di Elliott Smith From A Basement On The Hill, ma l’ha fatto. “Quando mi è stato proposto di produrlo, ho accettato subito perché l’ho vista come l’opportunità di aiutare un amico”. Rob ed Elliott si conobbero nel 1997, ai tempi dell’album Either/Or, per una collaborazione che continuò fino alla fine dei giorni di Smith, fino appunto a Basement: quello straordinario disco postumo che contiene moltissimo dell’ultimo, affaticato, sofferente e incontrollabile Elliott. “È stato strano stare lì in studio - racconta Schnapf – immerso nelle sue canzoni. Perché avvertivi ancora la sua vibrazione e il suo respiro, potevi sentire lo scricchiolio del piano, le dita nelle corde della chitarra acustica e le boccate di sigaretta”.
Il disco più difficile che hai prodotto in carriera?La parte difficile è stata lo slittare continuamente tra due realtà. Premi play e ritrovi Elliott vivissimo immerso nella sua musica, premi stop e torni bruscamente all’oggi. E ancora play, con l’atmosfera che ti rapisce, e di nuovo stop con il silenzio che ti toglie il fiato.
Come hai lavorato a quel disco? Alcune canzoni sono rimaste fuori dalla tracklist, perché?Sono partito da una tracklist di canzoni che Elliott aveva abbozzato. C’erano alcuni brani che non erano stati finiti e altri tre che aveva lasciato fuori per diverse ragioni. C’è chi ha scritto che c’era un mucchio di canzoni extra, posso dire di non aver trovato tutte queste tonnellate di materiale e che il disco rispecchia la volontà di Elliott.
Cosa ti piace di più di Basement?
La vibrazione. Una vibrazione continua, atmosferica. E poi la sua attitudine. A Elliott piaceva da matti suonare, lo avrebbe fatto tutto il giorno, per ore. Quasi mai si poneva un obiettivo musicale a priori, preferiva agire d’istinto.
E c’è quel suono obliquo anche se sincero. Un marchio di fabbrica della sua intera carriera?È il suo segreto. Ci sono tante persone che entrano in contatto con quei suoni e ognuno li decifra a modo proprio. Per me tutte le canzoni di Elliott sono molto sincere e poi c’è un altro aspetto incredibile: ancora oggi, sorprendentemente, i suoi brani continuano a evolversi senza fermarsi mai.
Cosa apprezzavi di più di lui come musicista e come cantante?Non separerei le due cose, anzi metterei dentro pure un Elliott paroliere. È un pacchetto totale del suo genio. Io amavo sentirlo suonare e ciò che mi colpiva di più erano sensibilità e abilità nel creare uno scenario cavalcando parole e armonia.
E invece cosa ti manca di più di lui a livello personale?Domanda difficile, sono tante le cose. Mi manca… lui che sbuca alla porta di casa mia senza preavviso; mi manca giocare assieme a GTR (un gioco di macchine per consolle, NdR) e passare le ore a sfidarci a croquet nel cortile di casa. Mi mancano le sue barzellette, mi manca parlare con lui di strumenti e soprattutto mi manca da matti fare dischi con lui.
C’è qualcosa che avresti voluto dirgli ma che non se riuscito a fare?Beh è complicato, soprattutto quando si parla di persone care. C’è sempre qualcosa che pensi che avresti potuto fare ma purtroppo succede sempre dopo. La vita è dannatamente complicata ed è corta e, no, non voglio pensare in termini di “avrei potuto”, non farebbe bene a nessuno e non servirebbe. No, decisamente.
Ti va di lanciare un messaggio a quelli che ancora non conoscono Elliott Smith, magari ai più giovani, e sul perché dovrebbero assolutamente scoprire questo autore?Ben volentieri. Io credo che tutti quelli che amano la musica dovrebbero ascoltare i dischi di Elliott perché, molto semplicemente, è stato un inarrivabile creatore di canzoni e ancor di più di testi splendidi
Da http://ilmucchio.it/
Il disco più difficile che hai prodotto in carriera?La parte difficile è stata lo slittare continuamente tra due realtà. Premi play e ritrovi Elliott vivissimo immerso nella sua musica, premi stop e torni bruscamente all’oggi. E ancora play, con l’atmosfera che ti rapisce, e di nuovo stop con il silenzio che ti toglie il fiato.
Come hai lavorato a quel disco? Alcune canzoni sono rimaste fuori dalla tracklist, perché?Sono partito da una tracklist di canzoni che Elliott aveva abbozzato. C’erano alcuni brani che non erano stati finiti e altri tre che aveva lasciato fuori per diverse ragioni. C’è chi ha scritto che c’era un mucchio di canzoni extra, posso dire di non aver trovato tutte queste tonnellate di materiale e che il disco rispecchia la volontà di Elliott.
Cosa ti piace di più di Basement?
La vibrazione. Una vibrazione continua, atmosferica. E poi la sua attitudine. A Elliott piaceva da matti suonare, lo avrebbe fatto tutto il giorno, per ore. Quasi mai si poneva un obiettivo musicale a priori, preferiva agire d’istinto.
E c’è quel suono obliquo anche se sincero. Un marchio di fabbrica della sua intera carriera?È il suo segreto. Ci sono tante persone che entrano in contatto con quei suoni e ognuno li decifra a modo proprio. Per me tutte le canzoni di Elliott sono molto sincere e poi c’è un altro aspetto incredibile: ancora oggi, sorprendentemente, i suoi brani continuano a evolversi senza fermarsi mai.
Cosa apprezzavi di più di lui come musicista e come cantante?Non separerei le due cose, anzi metterei dentro pure un Elliott paroliere. È un pacchetto totale del suo genio. Io amavo sentirlo suonare e ciò che mi colpiva di più erano sensibilità e abilità nel creare uno scenario cavalcando parole e armonia.
E invece cosa ti manca di più di lui a livello personale?Domanda difficile, sono tante le cose. Mi manca… lui che sbuca alla porta di casa mia senza preavviso; mi manca giocare assieme a GTR (un gioco di macchine per consolle, NdR) e passare le ore a sfidarci a croquet nel cortile di casa. Mi mancano le sue barzellette, mi manca parlare con lui di strumenti e soprattutto mi manca da matti fare dischi con lui.
C’è qualcosa che avresti voluto dirgli ma che non se riuscito a fare?Beh è complicato, soprattutto quando si parla di persone care. C’è sempre qualcosa che pensi che avresti potuto fare ma purtroppo succede sempre dopo. La vita è dannatamente complicata ed è corta e, no, non voglio pensare in termini di “avrei potuto”, non farebbe bene a nessuno e non servirebbe. No, decisamente.
Ti va di lanciare un messaggio a quelli che ancora non conoscono Elliott Smith, magari ai più giovani, e sul perché dovrebbero assolutamente scoprire questo autore?Ben volentieri. Io credo che tutti quelli che amano la musica dovrebbero ascoltare i dischi di Elliott perché, molto semplicemente, è stato un inarrivabile creatore di canzoni e ancor di più di testi splendidi
Da http://ilmucchio.it/

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