Digitale, dischi, band e concerti:
Michele Montagano e la sua V4V
Michele Montagano e la sua V4V
Di - Giuseppe Ritucci
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C'è un'etichetta discografica indipendente che, disco dopo disco, si sta ritagliando il suo spazio nel vasto panorama musicale. Un'etichetta che nasce a Vasto e che, sfruttando al meglio le potenzialità della rete, ma anche macinando tanti chilometri di asfalto, affonda le sue radici in tutto il mondo. Abbiamo incontrato Michele Montagano per conoscere meglio il suo lavoro svolto insieme ad un altro vastese, Marco Taddei (responsabile di grafica e concerti).
Hai creato una tua etichetta discografica. Come si decide di fare un passo del genere?
Da un po' di tempo ho una mia webzine e, dopo l'esperienza nella promozione di un tributo tutto italiano ai Codeine, (I Hope It Shines On) storico gruppo slow-core americano, ho deciso di darmi una chanche in questo campo. Il tributo è andato molto bene, la stessa band americana se n’è accorta, l’ha condiviso. Questa esperienza mi ha fatto capire che riuscivo a muovermi bene anche in questo settore. L’inizio è stato con un musicista di Cuneo, Nicolas Joseph Roncea. Abbiamo aperto un piccolo ufficio stampa, Vavavuma, promuovendo band agli esordi o in cerca di una guida per avventurarsi in questo mare in tempesta che è la musica.
Da un po' di tempo ho una mia webzine e, dopo l'esperienza nella promozione di un tributo tutto italiano ai Codeine, (I Hope It Shines On) storico gruppo slow-core americano, ho deciso di darmi una chanche in questo campo. Il tributo è andato molto bene, la stessa band americana se n’è accorta, l’ha condiviso. Questa esperienza mi ha fatto capire che riuscivo a muovermi bene anche in questo settore. L’inizio è stato con un musicista di Cuneo, Nicolas Joseph Roncea. Abbiamo aperto un piccolo ufficio stampa, Vavavuma, promuovendo band agli esordi o in cerca di una guida per avventurarsi in questo mare in tempesta che è la musica.
Ho iniziato a lavorare con band che mi piacevano talmente tanto che ho pensato di andare oltre il semplice lavoro promozionale. Siamo partiti in modo temerario, perchè non avevamo idea di quello che stavamo facendo. La prima uscita è stata, quasi per caso, Albedo; ad oggi tra quelle che hanno avuto più impatto, più feedback. Anche con loro c’era l’accordo per l’ufficio stampa e poi ci siamo ritrovati ad uscire con il disco. Da lì pian piano le cose si evolvevano, ho iniziato a capire quali sono le dinamiche dell’etichetta, a capire cosa serve, a creare una fan base. Quando entri in un ambiente già saturo di etichette devi trovare qualcosa che possa differenziarti rispetto agli altri. Io ho scelto un particolare tipo di linguaggio e poi un certo modo di agire sui social network e sui canali digitali. Puntiamo al passaparola virale: il catalogo di V4V è in free download, così diamo modo di ascoltare, conoscere, somatizzare qualcosa. Poi, se ti piace la musica e la vuoi supportare compri il disco in formato fisico. A questa cosa teniamo particolarmente; stampiamo dei bei formati, sono particolari, molti in edizioni limitate. Lo scorso anno al Mei (Meeting Etichette Indipendenti) abbiamo vinto la targa come miglior ufficio stampa uso etichetta per la promozione degli Albedo. Era una targa Netlabel (etichette digitali), conferitaci dalla Diavoletto Netlabel, considerata la migliore in Italia, almeno dai premi che l'attestano. In realtà siamo una via di mezzo, abbiamo un sito strutturato come una net label, con tutto il catalogo, ma abbiamo anche lo store, ci muoviamo a livello fisico nel territorio, andiamo con i banchetti nei festival. Tendo a non considerarmi affatto una netlabel. L’etichetta è stata presentata al Magnolia, a Milano, in occasione dell’uscita degli Albedo, poi a Roseto c’è un lido, il Mediterraneo, una sorta di Hana Bi (famoso lido ravennate) nostrano dove da un paio di anni l'estate c’è la festa dedicata all’etichetta che va molto bene.
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In tempi di crisi il mercato della musica, in particolare le vendita dei dischi, ne risente. Come si muova V4V dal punto di vista dell’attività lavorativa?
Attualmente il tirare avanti è stato rappresentato dai banchetti nei concerti e nei festival e dallo store fisico. Potrebbe sembrare assurdo perchè oggi i dischi non si vendono, ma abbiamo insistito perchè siamo giovani. Quando entri in un mercato devi investire sulla tua figura, devi farti conoscere. Oggi riusciamo già a vendere in pre-ordine. Quando crei una base di pubblico questo ti riconosce qualitativamente e sa che si può fidare di quello che fai e così lo compra. E poi, per poter far quadrare i conti e coprire qualche spesa, continuo a portare avanti l’attività di ufficio stampa esterno. Nell’immediato futuro alzerò l’asticella per rendere fruttuosa anche l’attività di management.
Attualmente il tirare avanti è stato rappresentato dai banchetti nei concerti e nei festival e dallo store fisico. Potrebbe sembrare assurdo perchè oggi i dischi non si vendono, ma abbiamo insistito perchè siamo giovani. Quando entri in un mercato devi investire sulla tua figura, devi farti conoscere. Oggi riusciamo già a vendere in pre-ordine. Quando crei una base di pubblico questo ti riconosce qualitativamente e sa che si può fidare di quello che fai e così lo compra. E poi, per poter far quadrare i conti e coprire qualche spesa, continuo a portare avanti l’attività di ufficio stampa esterno. Nell’immediato futuro alzerò l’asticella per rendere fruttuosa anche l’attività di management.
Quante band propongono la loro musica alla tua etichetta?
Ogni mese ricevo 10-12 email, anche di progetti interessanti. Tempo fa mi aveva contattato una band americana free jazz, scrivono anche band sotto contratto con grandi etichette. Ma ormai il lavoro del talent scout dell’etichetta è molto soggettivo. Valutiamo le richieste che arrivano ma ormai siamo pieni. Le uscite del 2014 sono già esaurite, anche la prima metà del 2015 è già quasi piena. Quando hai un roster abbastanza ampio gli spazi si riempiono, anche perchè oltre ai nuovi ingressi ci sono le nuove pubblicazioni delle altre band. Al momento è difficile poter prendere qualcosa di nuovo.
Ogni mese ricevo 10-12 email, anche di progetti interessanti. Tempo fa mi aveva contattato una band americana free jazz, scrivono anche band sotto contratto con grandi etichette. Ma ormai il lavoro del talent scout dell’etichetta è molto soggettivo. Valutiamo le richieste che arrivano ma ormai siamo pieni. Le uscite del 2014 sono già esaurite, anche la prima metà del 2015 è già quasi piena. Quando hai un roster abbastanza ampio gli spazi si riempiono, anche perchè oltre ai nuovi ingressi ci sono le nuove pubblicazioni delle altre band. Al momento è difficile poter prendere qualcosa di nuovo.
Una volta realizzato il disco, avviata la campagna promozionale, arriva il momento di guardare ai concerti per far conoscere la musica di una band. E qui mi sembra che arrivi il difficile.
Il primo grande problema è superare una mentalità provinciale. Questa parte in primis dal pubblico che usufruisce dei concerti perchè non sa cosa vuol dire sviluppare una curiosità nei confronti di quello che non conosce o non ha la voglia di andare a sentire un gruppo che propone brani inediti piuttosto che una cover band. Il secondo parte spesso dal locale che ha la convinzione che un gruppo che arriva da fuori debba portare gente. Ma è difficilissimo che un gruppo che arriva magari da 700 km di distanza possa portare gente. Per questi due fattori sono convinto che il valore vero del promoter-direttore artistico è lavorare sul territorio. Noi lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo, ci muoviamo old school, con materiale in zona, passaparola tra amici. Bisogna lavorare con costanza, bene e creare un pubblico. E’ quello che ha fatto il Beat Cafè nel corso degli anni. Ormai la gente va al Beat perchè sa che c’è un live, magari non conosce chi suona ma riconosce l’offerta. E’ difficile che un pubblico arrivi in un locale coscienzioso del gruppo che va a sentire o per lo meno una cosa rara nei piccoli centri. Ovviamente accade ma è sempre un pubblico irrisorio se non parliamo dei solito 4-5 nomi che girano sempre... altrimenti non si chiamerebbe musica underground, di nicchia o come preferite.
Il primo grande problema è superare una mentalità provinciale. Questa parte in primis dal pubblico che usufruisce dei concerti perchè non sa cosa vuol dire sviluppare una curiosità nei confronti di quello che non conosce o non ha la voglia di andare a sentire un gruppo che propone brani inediti piuttosto che una cover band. Il secondo parte spesso dal locale che ha la convinzione che un gruppo che arriva da fuori debba portare gente. Ma è difficilissimo che un gruppo che arriva magari da 700 km di distanza possa portare gente. Per questi due fattori sono convinto che il valore vero del promoter-direttore artistico è lavorare sul territorio. Noi lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo, ci muoviamo old school, con materiale in zona, passaparola tra amici. Bisogna lavorare con costanza, bene e creare un pubblico. E’ quello che ha fatto il Beat Cafè nel corso degli anni. Ormai la gente va al Beat perchè sa che c’è un live, magari non conosce chi suona ma riconosce l’offerta. E’ difficile che un pubblico arrivi in un locale coscienzioso del gruppo che va a sentire o per lo meno una cosa rara nei piccoli centri. Ovviamente accade ma è sempre un pubblico irrisorio se non parliamo dei solito 4-5 nomi che girano sempre... altrimenti non si chiamerebbe musica underground, di nicchia o come preferite.
Qual è l’aspetto più difficile del tuo lavoro?
Interfacciarsi con alcune band, coinvolgerle, a volte sono veramente superficiali. Io mi muovo con loro in modo molto cristallino, spiego passo passo quello che stiamo facendo, tutto il materiale viene condiviso. È difficile anche star dietro ai feedback, subentrare in determinati settori di promozione. Con le riviste specializzate stiamo andando bene, troviamo dei redattori con cui riusciamo ad interfacciarci in maniera proficua. Spesso è difficile rispettare tempistiche e scadenze per le uscite, molte volte ci troviamo con problemi causati da aziende di stampa e dalla Siae, per l’emissione dei bollini.
Interfacciarsi con alcune band, coinvolgerle, a volte sono veramente superficiali. Io mi muovo con loro in modo molto cristallino, spiego passo passo quello che stiamo facendo, tutto il materiale viene condiviso. È difficile anche star dietro ai feedback, subentrare in determinati settori di promozione. Con le riviste specializzate stiamo andando bene, troviamo dei redattori con cui riusciamo ad interfacciarci in maniera proficua. Spesso è difficile rispettare tempistiche e scadenze per le uscite, molte volte ci troviamo con problemi causati da aziende di stampa e dalla Siae, per l’emissione dei bollini.
Per un grande appassionato di musica è però un lavoro interessante che ti fa scoprire sempre cose nuove?
In realtà per me il discorso è diverso perchè, avendo una webzine, e quindi venendo da un ambiente in cui ascolti tanto, ormai c’è ben poco da scoprire. Però quando lo scopri è positivo, perchè avendo un’etichetta riesci a valutare più facilmente quello che potrebbe funzionare o meno. La cosa più importante che fa un’etichetta è creare un pubblico e sapere ciò che il pubblico ascolta. Con V4V siamo riusciti a creare un pubblico variegato. Nei dati di accesso al sito vedo che ogni mese ho l’80% di pubblico nuovo che si avvicina e scopre cose, il catologo in free download permette anche di facilitare la scoperta. Il metodo migliore per farsi conoscere è dare “in pasto” tutto ciò che si fa. Poi bisogna essere umili ma coerenti con quello che si fa. L’etichetta a cosa serve? Per una cosa importantissima, per la fan base, per la promozione per le strategie di esportazione verso l'esterno del progetto musicale. Diventa un contenitore, ha un marchio che funziona. Se la gente riconosce in quel marchio della qualità, ascolta tutto quello che farà quell’etichetta.
In realtà per me il discorso è diverso perchè, avendo una webzine, e quindi venendo da un ambiente in cui ascolti tanto, ormai c’è ben poco da scoprire. Però quando lo scopri è positivo, perchè avendo un’etichetta riesci a valutare più facilmente quello che potrebbe funzionare o meno. La cosa più importante che fa un’etichetta è creare un pubblico e sapere ciò che il pubblico ascolta. Con V4V siamo riusciti a creare un pubblico variegato. Nei dati di accesso al sito vedo che ogni mese ho l’80% di pubblico nuovo che si avvicina e scopre cose, il catologo in free download permette anche di facilitare la scoperta. Il metodo migliore per farsi conoscere è dare “in pasto” tutto ciò che si fa. Poi bisogna essere umili ma coerenti con quello che si fa. L’etichetta a cosa serve? Per una cosa importantissima, per la fan base, per la promozione per le strategie di esportazione verso l'esterno del progetto musicale. Diventa un contenitore, ha un marchio che funziona. Se la gente riconosce in quel marchio della qualità, ascolta tutto quello che farà quell’etichetta.
Hai vissuto il Siren Festival, evento di rilevanza internazionale, dall’interno. Di commenti ce ne sono stati tanti. Tu che idea ti sei fatto?
È andato molto bene soprattutto perchè la produzione si è mossa in modo intelligente. Per loro era il primo festival, così come lo era per questo territorio. La loro intenzione era quello di fare un festival internazionale quindi hanno scelto di fare comunicazione a tappeto all’esterno. Abbiamo una città stupenda, delle location spaventose che chi abita qui vede ormai come normali. Pensando alla prossima edizione dico che bisognerebbe migliorare la promozione all’interno per portare gente ai concerti gratuiti. E’ stato un peccato vedere l’Arena delle Grazie mezza vuota, c’erano concerti gratis, la location era bellissima, potevi portare la tua roba da bere e mangiare. Bisognerebbe avere un po’ di curiosità, anche se riconosco che non è stato comunicato bene che lì era gratis e cosa c’era. A livello locale c’è poca curiosità e poca volontà, dobbiamo aspettare un’azienda che arrivi da fuori per fare delle cose del genere.
È andato molto bene soprattutto perchè la produzione si è mossa in modo intelligente. Per loro era il primo festival, così come lo era per questo territorio. La loro intenzione era quello di fare un festival internazionale quindi hanno scelto di fare comunicazione a tappeto all’esterno. Abbiamo una città stupenda, delle location spaventose che chi abita qui vede ormai come normali. Pensando alla prossima edizione dico che bisognerebbe migliorare la promozione all’interno per portare gente ai concerti gratuiti. E’ stato un peccato vedere l’Arena delle Grazie mezza vuota, c’erano concerti gratis, la location era bellissima, potevi portare la tua roba da bere e mangiare. Bisognerebbe avere un po’ di curiosità, anche se riconosco che non è stato comunicato bene che lì era gratis e cosa c’era. A livello locale c’è poca curiosità e poca volontà, dobbiamo aspettare un’azienda che arrivi da fuori per fare delle cose del genere.
Cosa vuole diventare mister V4V da grande?
Nel 2015 vogliamo alzare l’asticella. Abbiamo un’uscita per cui collaborerermo con un’etichetta molto grande, punteremo a raggiungere canali importanti come radio e tv. Fino ad oggi ci siamo mossi per far conoscere il marchio, il logo, per dare una certa attitudine. L’importante è non porsi paletti di ambienti e di luoghi pur mantenendo sempre la propria coerenza. La cosa più interessante in questi anni è stata conoscere gente sul territorio. Ad esempio quando ti sposti conosci persone, crei una rete. Cito un festival molto bello a Macerata, Only fucking labes,un festival dell’autoproduzione. Ogni etichetta porta una band, ci sono due palchi, in mezzo un corridoio con tutti i banchetti e, nel cambio palco, tutti devono passare per forza da lì ed ecco che si attiva la conoscenza, lo scambio. Puoi conoscerti, scambiare dischi, gettare le basi per collaborazioni.
Nel 2015 vogliamo alzare l’asticella. Abbiamo un’uscita per cui collaborerermo con un’etichetta molto grande, punteremo a raggiungere canali importanti come radio e tv. Fino ad oggi ci siamo mossi per far conoscere il marchio, il logo, per dare una certa attitudine. L’importante è non porsi paletti di ambienti e di luoghi pur mantenendo sempre la propria coerenza. La cosa più interessante in questi anni è stata conoscere gente sul territorio. Ad esempio quando ti sposti conosci persone, crei una rete. Cito un festival molto bello a Macerata, Only fucking labes,un festival dell’autoproduzione. Ogni etichetta porta una band, ci sono due palchi, in mezzo un corridoio con tutti i banchetti e, nel cambio palco, tutti devono passare per forza da lì ed ecco che si attiva la conoscenza, lo scambio. Puoi conoscerti, scambiare dischi, gettare le basi per collaborazioni.



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