sabato 26 aprile 2025

Non lo direi se non fosse vero - Memorie di musica, vita e Dream Syndicate

 Steve Wynn


Steve Wynn è tornato, dopo quattordici anni dal suo ultimo album in studio, e lo fa in grande stile: non solo con Make It Right, il nuovo disco, ma anche col memoir I Wouldn’t Say It If It Wasn’t True (Jawbone Press), che speriamo abbia presto una traduzione italiana", scrivevo a fine agosto, in questa recensione del suo ultimo album.

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Ed ecco che Jimenez, avvalendosi sempre dell'impeccabile traduzione di Gianluca Testani, propone la versione italiana dell'autobiografia provvisoria di uno dei membri fondatori dei Dream Syndicate, che non è banale definire gruppo seminale per molte altre band, sempre in equilibrio tra psichedelia, rock e sperimentazione.

Un'autobiografia elettrica ed elettrizzante, quella che Wynn ci propone, fin dalle prime pagine, che costituiscono una sorta di cornice al quadro che diventerà la vita del musicista, e corredata da splendide fotografie. Il giovanissimo Steve, che fa emergere il proprio primo ricordo musicale, mentre guarda i Beatles diventati cartoni animati cantando Hold me tight, sente "il panico, l'empatia e l'euforia che fa pulsare il sangue, una combinazione che ancora oggi alimenta gran parte della mia musica preferita, sia come fan sia come musicista". E chi, come me, ha avuto il privilegio di vederlo più volte live (come in questo caso), capisce ancora più il segreto dell'alchimia che si sviluppa tra Wynn e il pubblico; un'energia potente, originale, eppure composta da tutti gli ascolti dei suoi musicisti più ammirati, dai Beatles agli Stones, a Neil Young, dal jazz al soul al post punk, che costituiscono i punti di riferimento per la costruzione del suo sound.

Il musicista, autore di molti testi diventati importanti per la generazione del Paisley Underground, e anche per quella successiva, non si smentisce nemmeno come narratore: leggendo il suo racconto, ci sembra di essere anche noi sul Sunset Boulevard, in viaggio sul Greyhound, in tour con i Dream Syndicate, a scegliere la chitarra migliore (splendida la cura con cui Wynn spiega le proprie predilezioni, segno di un'autentica e competente passione), o sul palco con la band. Questa però non è solo l'autobiografia di un artista, che già sarebbe una lettura intrigante e ricca di aneddoti; questa è una parte della storia della musica, in quel preciso luogo, in quei momenti in cui inizia una corrente interartistica, che intreccia musica e letteratura, arte e filosofia. Il 30 aprile 1982, nel club di Hollywood Cathay Del Grande, avviene l'incontro con i Green On Red di Dan Stuart e Chris Cacavas, ma lo stesso giorno muore anche il grande critico musicale Lester Bangs, e ciò spinge Wynn "a voler fare un grande concerto per Lester"; così il leader della band, ai tempi ventunenne studente universitario, commesso di un negozio di dischi e dj occasionale, fa "del mio meglio per cavalcare e occasionalmente imbrigliare la bestia selvaggia che era la nostra band. Correvamo verso il traguardo come auto truccate e scassate guidate da scimmie bendate. Sapevamo dove stavamo andando, ma non avevamo la minima idea di come ci saremmo arrivati".

Basterebbe leggere questa descrizione per avere la temperatura del libro: immagini potenti, dialoghi diretti, confessioni a cuore aperto si alternano a passaggi riflessivi sulla musica, sull'estetica, sugli anni Ottanta, sui "Days of Wine and Roses". Ad esempio, illuminante è la lista che Wynn e Kendra Smith avevano steso per capire quali elementi rendessero "perfetta una band": "sexy ... divertente ... spaventosa ... la possibilità che tutto crolli in qualsiasi momento". E, per qualche eccitante, intenso, travolgente anno, i Dream Syndicate incarnano proprio questo profilo, tra tour oltreoceano, partecipazioni a festival e una stagione creativa che lascia il segno. Poi, l'intesa si rompe, e Wynn è molto sereno nell'individuarne i motivi, oltre che nell'affermare di essere ancora amico dei componenti il gruppo. "Ho scoperto che preferivo volare basso, fare le cose alle mie condizioni e mantenermi attivo, sia in studio sia in tour. In breve, ho riaffermato il mio desiderio di essere un artista creativo piuttosto che una rockstar alla ricerca del successo mainstream. " Da qui, "la vertiginosa libertà che ne è seguita", e "un'esplosione di creatività", che spinge il cantautore a scrivere canzoni e fare tour da solo, a "costruirmi una vita con la musica. Questo mi bastava." La magia per Steve Wynn continua: torna spesso anche in Italia, con il suo songbook di oltre quattrocento canzoni, che egli propone, scompone e ricompone, in live - workshop, davanti a un pubblico certo non oceanico, ma assolutamente fedele, attento e appassionato. Che, dopo aver letto questo libro, lo sarà in modo ancora maggiore. Ad aprile sarà in Italia per nove concerti: da non perdere. A questo link la news con tutte le date.





Steve Wynn È uno dei membri fondatori dei Dream Syndicate, il cui album di debutto, The Days of Wine and Roses, è considerato una pietra miliare della scena indie/alternative rock degli anni Ottanta. Ha anche avuto una prolifica carriera da solista, facendo regolarmente tournée in tutto il mondo e suonando e registrando in gruppi come Danny & Dusty, Gutterball e The Baseball Project (con la partecipazione dei fondatori dei R.E.M. Mike Mills e Peter Buck). Nato e cresciuto a Los Angeles, oggi vive a New York.


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