sabato 18 aprile 2020

David Crosby, la storia del rocker sopravvissuto diventa film

L'incredibile vicenda artistica e umana del rocker oggi settantasettenne è diventata un film 'If I could only remember my name'

Da https://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2019/08/03/news/david_crosby-232534914/



Pochi musicisti hanno segnato con la loro voce, la loro presenza, le loro canzoni, gli anni Sessanta e Settanta quanto David Crosby. E non solo per aver fatto parte di due band leggendarie, i Byrds prima e il supergruppo con Graham Nash, Stephen Stills e Neil Young poi, ma anche con un album, il suo primo disco da solista, If I could only remember my name, del 1971, che può ben essere ricordato come il disco che più e meglio di tanti altri ha raccontato un’utopia, un sogno, un'epoca, una comunità di musicisti che hanno cambiato il corso della musica rock. È a quel disco che fa riferimento il titolo del documentario diretto da. A. J. Eton e prodotto da Cameron Crowe, intitolato David Crosby: remember my name che è stato presentato pochi giorni fa negli Usa.


Quella di Crosby è una vicenda artistica, umana, personale, che meritava un simile racconto, chi ha letto le sue due autobiografie, Long time gone e Since then sa bene che a tratti la sua storia è degna di un romanzo, con tanto di colpi di scena, momenti oscuri, drammi, gioie, talmente tanti che una vita sola sembrerebbe non bastare, talmente drammatici che è anche altrettanto incredibile pensare che Crosby sia ancora vivo, sopravvissuto a cose che “noi umani” non avremmo davvero potuto sopportare. Eppure il vecchio Crosby, 77 anni, tanti capelli bianchi in testa, oltre ad uno zuccotto diventato un marchio di fabbrica, sta attraversando una nuova giovinezza, una fase creativa straordinaria, ha pubblicato quattro album in quattro anni, quantità incredibile considerando che tra il 1971 e il 2014, 43 anni, ne aveva pubblicati solo tre; è attivissimo sui social, Twitter in particolare, è quasi sempre in concerto, una sorta di “neverending tour” che, considerando i sette stent e il trapianto di fegato a cui è stato sottoposto, testimonia un’energia e una forza insospettabili; e ha anche avuto il tempo di litigare con tutti i suoi vecchi amici e compagni di vita e musica, soprattutto Graham Nash, ma anche Stephen Stills e Neil Young, che non gli rivolgono più la parola. È questo il David Crosby che Cameron Crowe e A.J. Eton ci presentano nel documentario, che ruota attorno alla sua figura in maniera candida, vera, senza filtri, ripercorrendo la strada fatta fino ad arrivare sin qui. C’è tutto il passato, dal Sunset Strip al Laurel Canyon, dai Byrds alla fama planetaria con CSN&Y, da Monterey Pop a Woodstock, dall’arresto e la prigione alle infinite faide con i suoi tre compari, dalla straordinaria riscoperta del figlio James Raymond, all’amore, che gli ha salvato la vita, per la moglie Jan, dall’antipatia sincera per Jim Morrison al pentimento per i danni fatti con la droga. E c’è Crosby oggi, intervistato in giro per gli Usa, compresa la Kent State University, o la casa fotografata nella copertina del primo disco di CSN.


È un documentario bello, a tratti malinconico e triste, a tratti sentimentale e commovente, molto dovuto al rapporto che Crowe, che nel film veste i panni dell’intervistatore, ha con Crosby e che gli consente un livello di intimità nell’intervista che probabilmente con altri sarebbe stato difficile raggiungere: “Il progetto era di Eaton”, ha raccontato Crowe nella conferenza stampa di presentazione pochi giorni fa a Los Angeles, “è stato lui a convincermi a farne parte e io, che ho sempre amato Crosby e la sua musica, non potevo dire di no. Ma ho fatto il mio vecchio mestiere di giornalista, ho fatto tutte le interviste con Crosby ed è stata un’esperienza fantastica, molto personale, mi sono sentito libero di poter chiedere a lui qualsiasi cosa e ho sentito che Crosby ha raccontato se stesso con una incredibile onestà”. A chi chiede a Crosby se il film è anche un modo di chiedere scusa ai suoi ex amici, alle persone che volontariamente o involontariamente lui nella vita ha ferito, il musicista risponde “Non penso sia un modo di chiedere scusa o di mostrare pentimento. È più una catarsi, una liberazione. Se vuoi imparare qualcosa dalla tua vita devi guardarla con occhi aperti, sapendo dove hai sbagliato e essendo fiero delle cose buone che hai fatto. Ho fatto male a molte persone, ma anche del bene a molte persone, ho commesso errori che non posso cancellare o addolcire, raccontare tutto era la cosa migliore che potessi fare”. Sarà anche un modo per provare a rimettere insieme i cocci di Crosby Stills Nash & Young? “Non credo che vedranno il film”, dice con franchezza Crosby, “spero che lo facciano, perché mi piacerebbe che vedessero cosa sono oggi”.

Da https://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2019/08/03/news/david_crosby-232534914/



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